Suffragette è un film classico e debole. La regista prende tutti gli strumenti del cinema più classico hollywoodiano per raccontare una delle più avvincenti rivoluzioni e lo fa pigramente. Una sceneggiatura debole non riesce a incanalare l’emozione della lotta che si monta in alcune scene di grande impatto – come quando le viene portato via il figlio – e si affloscia in cambi sequenza irrilevanti. La violenza poi, porta con sé più di un interrogativo sulla messa in scena di questa in relazione al messaggio. Agire con violenza è stata una tragica conseguenza e non dovrebbe invece essere tanto esaltata soprattutto a costo di modificare i fatti, come per la morte di Violet Miller rappresentata come un suicidio, ma che in realtà fu un fatale incidente.
Quando si parla di diritti delle donne lo si fa con grande educazione scolastica, impauriti tutti di infrangere un tabù. Così i personaggi maschili sono tutti marginali raccontando solo una parte – certo clamorosa ed estesa ma parziale – del rapporto degli uomini con i diritti delle donne.
Il movimento per il riconoscimento dei diritti delle donne oggi langue, combattivo ma ferito. Ci sono moltissime cose da fare e la parità non è raggiunta, eppure la nostra società ha liquidato questa lotta all’isteria di donne che odiano gli uomini. L’errore è duplice: molte donne si sono dimenticate che c’è ancora molto per cui continuare a lottare e gli uomini se ne sentono estromessi generando rifiuto e ostilità.